Scusate il post lungo, ma la vita da food blogger sta diventando irta di difficoltà.
Ieri sono uscita per la colazione col mio fidanzato e la bella giornata e la temperatura
mite non facevano certo venir voglia di tornare a casa e mettersi ai fornelli.
Se hai un caro amico che conosci dalla prima media, proprietario di un lido che affaccia
su uno dei paesaggi più belli d'Italia (le foto le ho già pubblicate qui) e che è fornito di un
ristorante che prepara dei deliziosi piatti a base di pesce, si fa presto a fare due più due.
Una rapida telefonata e... il lido è aperto :o) ma il ristorante ancora no :o(
- musica, immaginate voi quale, a sottolineare il momento denso di dramma -
Avete presente quando nei film un tipo rischia di lasciarci le penne e gli passa tutta la
vita davanti agli occhi? Ecco, a me davanti agli occhi sono passati spaghetti allo scoglio,
gamberoni alla griglia, triglie fritte, cozze gratinate, involtini di pesce spada.
Siamo tornati mestamente a casa, ma non potevo darmi pace quando mi si è
accesa la lampadina: eureka, ho un astice nel freezer!
E non fate quelle facce, lo so che surgelato non è la stessa cosa, ma io una bestia
viva, legata, che cerca di uscire ribaltando il coperchio e che, almeno stando alle leggende metropolitane, emette un fischio simile a un grido non la posso mettere a mollo
nell'acqua bollente, non ce la farò mai, non dormirei per sei anni e se riuscissi
a dormire mi sveglierei comunque al suono di quel fischio
(ancora combatto coi sensi di colpa per aver ucciso una formica ai tempi delle
elementari per esaminarla al microscopio, ma la scienza miete le sue vittime).
Tornando all'astice, mi metto al lavoro e già per rompere il carapace scoppia il delirio:
mi armo di schiaccianoci, spacco le chele con un accanimento che manco
il macellaio di Milwaukee, mi ostino a rimuovere la polpa anche dalle zampette
più sottili e chiaramente ognuna di queste manovre genera copiosi schizzi
all'aroma di mare (per usare un eufemismo che abbia del poetico) che si irradiano
per la cucina, sul maglioncino, sui capelli appena lavati... una strage!
Alla fine preparo il sugo, profumato, cremoso e ricco di polpa e penso che il peggio
è passato... e invece no, perchè se vuoi fotografare certi piatti devi metterti
il cuore il pace, la pasta te la mangerai scotta e collosa, tiè!
Dopo tutto 'sto traffico? Eh no!
Allora cominci a calcolare i tempi: allestimento set (che nel mio caso è nella stanza all'altro capo della casa, che non è la Reggia di Caserta, ma per la cottura al dente anche i secondi
sono preziosi), allestimento piatto, stima approssimativa del tempo necessario
a scattare un numero minimo di foto per tirarne fuori una che sia almeno decente,
quanti minuti prima, rispetto al tempo indicato, tirar giù la pasta per far sì che al
termine di queste manovre la cottura sia ultimata al punto giusto.
E allora impiatta al volo, corri per il corridoio (mai nome fu più adatto) o gli
spaghetti lucidi diventeranno opachi, rifinisci con prezzemolo e polpa di chela lasciati
pronti accanto al set e scatta, scatta, scatta col tuo fidanzato seduto a tavola, solo,
davanti a un piatto vuoto con me che urlo "amore arrivo, eh".
Alla fine la foto è stata scattata, la pasta è ancora al dente, ma mi ci vuole una vacanza.
Vi prego, ditemi che succede anche a voi.
Per 2 persone
Cuocete l'astice seguendo le istruzioni, quindi lasciatelo intiepidire per poterlo maneggiare con facilità e cominciate staccando zampe e chele ruotandole su se stesse.
Per le zampe potete procedere rompendole lungo le giunture e tirando fuori la polpa con uno stuzzicadenti.
Per le chele dovrete essere più aggressivi perchè è necessario rompere il guscio in più punti per poter sfilare la polpa mantenendola il più possibile integra dal momento che verrà usata alla fine per guarnire il piatto per via dell'aspetto e del colore esteticamente più gradevoli. La polpa che tirerete fuori avrà un colore pressoché identico a quello dei gusci (persino le macchioline e i bordi dentati).
Staccate la testa, che verrà via facilmente, e con le forbici tagliate il guscio lungo tutta la "pancia" dell'astice. In questo modo sarà facilissimo tirar fuori in un pezzo unico tutta la polpa della coda, ma in ogni caso controllate bene che non ci siano residui (ogni grammo è prezioso). Pulite la coda dalla parte rossa che corrisponde, per intenderci, al "filo" che togliete ai gamberi e che percorre tutto il dorso.
Nel caso di un astice fresco conserverei anche la testa, ricchissima di gusto, per metterla in padella, ma in questo caso, trattandosi di un prodotto surgelato, non mi sono fidata, ma forse è solo una mia esagerazione.
Tritate 1/2 cipolla e 1 spicchio d'aglio e fateli appassire a fuoco dolce con abbondante olio d'oliva e 1 cucchiaio di burro. Fate rosolare brevemente anche la polpa tagliata grossolanamente.
Aggiungete 100 g di polpa di pomodoro e un trito di prezzemolo e fate cuocere per pochi minuti a fuoco vivo. Aggiungete 50 g di panna da cucina (è un po' demodé e la uso molto raramente nei primi, ma in questo caso fa la differenza), sale, pepe e 1 cucchiaino raso di zucchero.
Lo so, sembra strano, ma vi assicuro che darà al condimento un gradevole gusto rotondo e dolciastro e che nessuno penserà che vi siate confusi fra sale e zucchero. Se preferite andare sul sicuro mettetene solo mezzo cucchiaino, assaggiate e regolatevi secondo il vostro insindacabile gusto.
Scolate gli spaghetti due minuti prima del tempo necessario e tenete da parte un'abbondante tazza di acqua di cottura. Saltate gli spaghetti in padella e aggiungete l'acqua se vedete che il condimento si asciuga troppo prima che gli spaghetti siano sufficientemente cotti. In questo modo gli spaghetti finiranno di cuocere assorbendo tutto il gusto e i profumi del sugo e l'amido renderà il tutto ancora più cremoso e ben legato (non un sugo che scivola via dalla pasta).
Servite cospargendo con altro prezzemolo fresco e con la polpa delle chele tagliata grossolanamente.